CAVA DI SERPENTINO DI OIRA
Le cave di Serpentino di Oira sono note già nel Medioevo, anche se l’opera più antica di cui si ha conoscenza, scolpita con la pietra estratta in questa località, è l’Ambone della Basilica, sull’Isola di S. Giulio, manufatto risalente al XII secolo.
In quell’epoca la pietra era cavata a mano, con martelli e rudimentali scalpelli e con l'aiuto di cunei di legno per separare i blocchi e le lastre. A partire dall’inizio del ’900, con l'arrivo di moderne tecnologie nel settore estrattivo, si iniziò ad usare il martello pneumatico e le mine di polvere pirica.
I blocchi così distaccati venivano poi segati, per ricavarne pezzi più piccoli che nella maggior parte dei casi venivano lavorati sui torni, funzionanti con la forza motrice dell’acqua, per ottenere vasi, tubi, vasche e colonne, lucidati con abrasivi e levigati con cera vergine tinta di nero.
Fino a quando non venne realizzata la strada che conduce ad Oira (dopo la fine del secondo conflitto mondiale), il trasporto dei blocchi grezzi e dei manufatti avveniva verso il basso, fino alla sponda del lago, dove, caricati su barconi, raggiungevano Omegna e da qui, via terra, altri laboratori di marmisti e i compratori finali. La discesa a lago avveniva con il sistema della "lizzatura", ovvero trasportati su spesse travi scorrenti su rulli di legno insaponati i quali venivano spostati di continuo davanti al carico, che procedeva lentamente in discesa, trattenuto da robusti canapi, rilasciati lentamente dalle mani esperte dei manovratori.
L’estrazione di serpentino dalla cava di Oira terminò negli anni ’60, per il progressivo impoverimento della vena di pietra pregiata: passeggiando per i paesi del Cusio è facile imbattersi in antichi manufatti, realizzati con la preziosa pietra serpentina di Oira. Venne utilizzata per la facciata della parrocchiale di S. Rocco a Miasino, per il portale della parrocchiale di S. Maria Assunta a Orta, per l'acquasantiera della chiesa dell'Immacolata a San Maurizio d'Opaglio, per la balaustra della parrocchiale di Pogno, nelle chiese di S. Silvestro a Oira e S. Biagio a Nonio e al Convento del Monte Mesma, nella grande stufa del 1727. Numerosi sono anche gli esempi di utilizzo fuori dal territorio cusiano: nel Duomo di Monza, per la facciata e alcuni particolari interni, a Milano, nella "Colonna del Verziere", in Largo Augusto, nella Certosa di Pavia, nella Basilica di S. Andrea a Vercelli e per l'altare maggiore nella chiesa dei SS. martiri Graziano e Felino, ad Arona.
Fino a circa un secolo fa, a nord di Oira, quasi a livello del lago, c’erano altre due piccole cave di serpentino; una era di proprietà di Antonio Ardizzi, mentre l’altra era di Pasquale Tabozzi il quale produceva esclusivamente tubi in pietra tornita per acquedotti e scarichi fognari. Attualmente nella sede della cava principale prosegue la lavorazione di marmi provenienti da altre cave, italiane ed estere.
In quell’epoca la pietra era cavata a mano, con martelli e rudimentali scalpelli e con l'aiuto di cunei di legno per separare i blocchi e le lastre. A partire dall’inizio del ’900, con l'arrivo di moderne tecnologie nel settore estrattivo, si iniziò ad usare il martello pneumatico e le mine di polvere pirica.
I blocchi così distaccati venivano poi segati, per ricavarne pezzi più piccoli che nella maggior parte dei casi venivano lavorati sui torni, funzionanti con la forza motrice dell’acqua, per ottenere vasi, tubi, vasche e colonne, lucidati con abrasivi e levigati con cera vergine tinta di nero.
Fino a quando non venne realizzata la strada che conduce ad Oira (dopo la fine del secondo conflitto mondiale), il trasporto dei blocchi grezzi e dei manufatti avveniva verso il basso, fino alla sponda del lago, dove, caricati su barconi, raggiungevano Omegna e da qui, via terra, altri laboratori di marmisti e i compratori finali. La discesa a lago avveniva con il sistema della "lizzatura", ovvero trasportati su spesse travi scorrenti su rulli di legno insaponati i quali venivano spostati di continuo davanti al carico, che procedeva lentamente in discesa, trattenuto da robusti canapi, rilasciati lentamente dalle mani esperte dei manovratori.
L’estrazione di serpentino dalla cava di Oira terminò negli anni ’60, per il progressivo impoverimento della vena di pietra pregiata: passeggiando per i paesi del Cusio è facile imbattersi in antichi manufatti, realizzati con la preziosa pietra serpentina di Oira. Venne utilizzata per la facciata della parrocchiale di S. Rocco a Miasino, per il portale della parrocchiale di S. Maria Assunta a Orta, per l'acquasantiera della chiesa dell'Immacolata a San Maurizio d'Opaglio, per la balaustra della parrocchiale di Pogno, nelle chiese di S. Silvestro a Oira e S. Biagio a Nonio e al Convento del Monte Mesma, nella grande stufa del 1727. Numerosi sono anche gli esempi di utilizzo fuori dal territorio cusiano: nel Duomo di Monza, per la facciata e alcuni particolari interni, a Milano, nella "Colonna del Verziere", in Largo Augusto, nella Certosa di Pavia, nella Basilica di S. Andrea a Vercelli e per l'altare maggiore nella chiesa dei SS. martiri Graziano e Felino, ad Arona.
Fino a circa un secolo fa, a nord di Oira, quasi a livello del lago, c’erano altre due piccole cave di serpentino; una era di proprietà di Antonio Ardizzi, mentre l’altra era di Pasquale Tabozzi il quale produceva esclusivamente tubi in pietra tornita per acquedotti e scarichi fognari. Attualmente nella sede della cava principale prosegue la lavorazione di marmi provenienti da altre cave, italiane ed estere.
Per approfondire:
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Capitolo a cura di Daniele Ciocca, dedicato al Serpentino di Oira, estratto dal volume "Nonio - Brolo - Oira. Storia e memrie di una Comunità"
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